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CONFESSIONE

 

Nell’oasi si dice che sono un uomo saggio. Un uomo saggio solo perché sono un poeta e declamo i miei versi al tramonto, col viso rivolto alla luce, o nelle notti senza luna, solo quando la luna è coperta dalle nubi, o è un piccolo quarto che si confonde con le altre stelle, perché la luna è già poesia, e alla sublime bellezza nulla aggiungerebbero le mie parole.

Saggio perché poeta. Oh… bastasse la poesia a rendere saggi! La poesia non fa di un uomo un saggio, rende solo malinconici osservatori del creato, rende saggi solo nel momento in cui i versi, magicamente, sgorgano dal cuore per volontà misteriosa. Vivo nell’oasi di Senbir tra Marocco e Mauritania.

All’ombra di un palmeto ho una tenda azzurra regalatami dagli Uomini

Blu. L’acqua del pozzo è a soli cento passi. Gli uomini delle carovane mi cercano per avere un consiglio. Qualcuno arriva a pensare che sono un profeta, perché mi capita di parlare in modo oscuro, senza volerlo, con curiose immagini di uomini, animali, vegetali. Ieri un giovane delle montagne mi ha confessato che sua moglie, che ama teneramente, non può dargli un figlio.

I genitori gli impongono di ripudiarla.

Lui non può permettersi altre mogli per il suo lavoro miserevole.

Fosse ricco, almeno.

Prendendolo dolcemente per un braccio gli ho detto che anche io non ho figli, né ho mai preso moglie.

Avere figli non è tutto nella vita.

Gli ho detto che a me sono sufficienti l’acqua del pozzo e il sole del giorno protetto dagli abiti del deserto. Mi basta questo. Perché volere di più?

“Perché vuoi di più dal tuo amore? Non ti basta quello che hai?”

“Adesso comprendo perché siete considerato un uomo saggio!” Si è alzato ed è rimasto a fissarmi all’ingresso della tenda. Piangeva. Appena uscito ho scritto una poesia sulla luce del mattino. Questa notte la canterò alla luna.

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