
Il papà Luigi Arzuffi

La Cupola di Albiate
L’ultima grande opera: la Cupola di Albiate
L’ultima grande opera del pittore che resterà ad imperitura memoria del suo valore artistico, è certamente la cupola eseguita nella Parrocchiale di Albiate Brianza.
Ad essa Luigi ha dedicato tutto se stesso, come fosse una sorta di testamento estetico e la riconferma di un lungo impegno nel campo dell’arte sacra. Ivi si esprime la potenza della sua invenzione, la forza religiosa del suo “credere” intenso ed autentico.
Ultimo dei suoi lavori, di gran lunga il più importante, eseguito a tempera lo ha visto impegnato per otto mesi, tra preparazione dei bozzetti, dettagli dei cartoni ed esecuzione della cupola di dodici metri di diametro.
Quando è stata inaugurata e benedetta - dal Vescovo Ausiliare di Milano, Mons. Angelo Mascheroni, presente anche il Vescovo di Acerra Mons. Riboldi - Arzuffi si è visto riconfermare, da quanti mai lo avevano visto all’opera; un giudizio di totale approvazione: “Un’opera magnifica” è stato il primo commento.
Al centro l’Assunta, leggiadra visione che affascina e richiama, nella bellezza dei toni, e attorno i quattro papi che hanno proclamato i Dogmi (Celestino I, Maternità Divina - Pio IX, Immacolata Concezione - Paolo VI, Maria Madre della Chiesa - Pio XII, con il dogma dell’Assunta), ed in alternanza rappresentativa alcuni episodi biblici, Isaia e il Re, Salomone e la madre, la Maledizione del serpe, Ester.
L’opera anche per la maestà del profondo, tipico della cupola assume le dimensioni di uno straordinario “giudizio” di valori e di simboli, ognuno con una propria vicenda, da capire, da approfondire, da amare.
Una vera e propria epifania di luci e di cromie temperate, con la massima attenzione ad utilizzare il colore come materia, non solo come linea-guida del segno e del racconto.
Una volta in più doppia il difficile rapporto tra Sacro e Idea, situando il primo dentro un’aura di luce quasi piovuta dal cielo, e la seconda in mezzo ad un proliferare di personaggi che paiono contrappunti all’interezza del racconto.